Martedì sera si è tenuto a Massagno un interessantissimo dibattito organizzato dall’Osservatore Democratico intorno al tema della partecipazione dei cristiani, e in particolare dei cattolici, alla vita politica. Moderati dal giornalista Luigi Maffezzoli tre illustri relatori hanno affrontato la problematica secondo ottiche diverse. Il già Consigliere di Stato Alberto Lepori ha percorso velocemente l’evoluzione storica degli ultimi due secoli: partendo dal Sillabo (1864) di Pio IX, che conteneva ottanta proposizioni papali che indicavano come non bisognava comportarsi e che negava ai cattolici la possibilità di partecipare alla vita politica (ma il vescovo di Orléans Félix Dupanloup trovò comunque una sottile scappatoia interpretativa atta a superare tale ostacolo); passando per la Rerum Novarum (1891) di Leone XIII; la formazione agli inizi del ‘900 dei grandi partiti politici cattolici (il Partito conservatore svizzero nasce nel 1912; il partito popolare di Luigi Sturzo nel 1919) e dei sindacati; il Concilio Vaticano II, che riconoscerà la democrazia come un valore sostanziale della società; su su fino alla recente Evangelii Gaudium (2013), in cui papa Francesco dedica un intero capitolo alla Politica e a definirne lo scopo (cioè il bene comune; e oggi il bene comune è prendere parte alla difesa dei poveri).
Il filosofo Markus Krienke nei suoi appassionati interventi ha voluto evidenziare la problematicità dell’impegno di un cristiano in politica. Esso infatti dovrebbe agire seguendo i propri alti ideali; ma, come già osservava Machiavelli, ciò non necessariamente si rivela essere la scelta migliore per tutti. È importante che il cristiano persegua il bene comune e comprenda che l’essere umano non può realizzarsi da solo, ma insieme agli altri. Deve pertanto essere caratteristica del politico cristiano l’attenzione alle virtù, almeno a quelle che la Chiesa definisce le virtù cardinali (cioè che valgono per tutti): la fortezza, che sta a significare il coraggio di assumersi la responsabilità; la temperanza, cioè la pazienza (ce ne vuole molta in politica) e il senso del dovere; la prudenza, che è sinonimo d’intelligenza (e non di furbizia); e la giustizia, che significa cercare di realizzare i diritti umani, le leggi secondo l’idea del bene comune.
Infine lo storico Guido Formigoni ha analizzato i quattro anni di pontificato di papa Francesco, un ministero che stupisce per il forte richiamo all’eredità del Concilio Vaticano II e per la rilevanza data al tema della misericordia. Il tema delle virtù cristiane viene esaltato quale tentativo dell’uomo di rispondere all’amore misericordioso di Dio. Papa Francesco inoltre torna a riscoprire il termine di «popolo» e a rimettere al centro dell’attenzione mondiale la povertà che è sinonimo di esclusione. Le encicliche papali appaiono come una lettura critica della realtà e l’invito a una coraggiosa rivoluzione sociale. La lettera al cardinale Marc Ouellet è pure un documento importante che invita i laici a impegnarsi nella costruzione della società.
La discussione finale ha permesso ai relatori di meglio precisare il proprio pensiero e di fornire ulteriori spunti. Krienke infatti ha illustrato il DOCAT, un nuovo e pratico compendio dei documenti concernenti la dottrina sociale della Chiesa. Mentre Lepori ha messo in guardia contro la deriva di questi ultimi anni che vede sempre più la politica come una lotta per la supremazia mediatica fine a se stessa; e i politici come un bersaglio da colpire: per dedicarsi alla politica oggi ci vuole coraggio.
Claudio Giambonini
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